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lunedì 18 luglio 2016

Dal paradiso degli Infreschi al buon retiro di Vibo Valentia

L'alba davanti alla baia degli Infreschi
 Lasciare all'alba la Baia degli Infreschi, perla del Cilento, non è facile. I paradisi non si lasciano, si vivono. In cambio vengo ripagato dalla magia del sole che nasce alla poppa di Horus e da una famiglia di delfini che sfiora la barca e mi augura buona navigazione. Almeno è quello che ho voluto credere e immagino che sia stato davvero così.
Approfitto ancora della brezza notturna e con randa e genoa vado a quasi quattro nodi. Controllo la rotta, regolo bene le vele (quando c'è vento forte, è inutile fare regolazioni minime, ma quando di vento ce ne è poco, anche il trasto della randa fa il suo sporco lavoro), preparo la seconda caffettiera, do un'occhiata a facebook e rispondoi a qualche messaggio e poi esco dal pozzetto e mi seggo sulla tuga. Da lì ho la sensazione di essere il padrone del mondo. L'unico padrone. Anche perché in mare non c'è nessuno. Prendo il binocolo e guardo ancora per una volta la Baia degli Infreschi e mi sembra di scorgere l'albero della barca di Gennaro.

Dire che ho deciso sarebbe affermare una minchiata. ma il prossimo anno mi piacerebbe tornare qui e restarci per almeno un paio di mesi. Da Tropea a Punta Licosa, Agropoli, Salerno, Costiera Amalfitana, Golfo di Napoli, Procida ed Ischia. Capri, non so perché, la escludo: fuori dai miei standard, non solo economici, ma anche culturali. Ma da tempo ho smesso di fare programmi. Anzi, per dirla tutta, a me i programmi sono vietati. Si campa alla giornata e così sia.
Ma torniamo alla navigazione della premiata ditta Horus-Chiappisi. Lasciato il Cilento, si punta su Cetraro. Obiettivo sarebbe stato il porto di Vibo Valentia, ma navigando da soli e tutto sommato sotto costa ( al massimo si sta a 13, 14 miglia dalla terra), 95 miglia sono troppo. Meglio dividere questa distanza in due tappe e buttarsi all'ancora davanti al porto di Cetraro.
Qui io e Horus abbiamo trascorso la notte
Un consiglio a chi tenta di entrare in questa struttura: davanti c'è una secca segnalata da una boa. Ma attenzione, in genere queste boe segnalano il bordo della secca, questa no, segnala il centro. Quindi, se volete evitare guai, passateci ad almeno cento metri. Io me la sono tenuta a nord e ho buttato l'ancora a circa 5oo metri dalla spiaggia su un fondale di sabbia, ottimo tenitore, di una decina di metri.
Mi sono gustato anche questo tramonto (ne ho visti di migliori, confesso), il paesino di Cetraro illuminato dall'ultimo sole e poi, dopo aver cenato e cazzeggiato su facebook, sono andato a nanna. Non in cabina, ma in pozzetto. Sulla fidata e sperimentata amaca brasiliana si dorme da padreterni.
Al mattino, ricca colazione: caffè, il resto del tonno sott'olio fatto dalla mamma di Gennaro, due biscotti al peperoncino. So che non è una colazione tradizionale, ma era quello che avevo sottomano e non trovavo in me alcuna voglia di mettermi a caccia di cose serie.
Via in mare, rotta 168 gradi. davanti a me una cinquantina di miglia. Quante sono 50 miglia? Per gli amici di San Nicola, cinquanta miglia sono come due volte e mezza tra San Nicola e Cefalù.
Ma torniamo a noi: Poco vento e tutto di poppa. La randa è già su, la cazzo al centro e accendo il motore. vado a 1500 giri per una velocità di poco più di 4 nodi (la carena è sporca, ma a novembre la bimba andrà in cantiere, deve solo sopportare ancora qualche settimana). Ogni tanto guardo le canne, ma dal mare non arriva alcun cenno di vita. Si prosegue.
L'amaca, usata per dormire la notte, è ancora lì. Mi ci infilo e penso un po' ai cazzi miei e a quelli degli altri. Penso al mio sodalizio con Horus. A novembre io entrerò in una sala operatoria, Horus in cantiere. I miei medici e quelli di Horus, ne sono certo, ci metteranno in condizione di navigare ancora per un bel pezzo. Mi chiedo perché navigo da solo e la risposta è quasi automatica: perché non ho ancora trovato l'equipaggio giusto per navigare nel mare e nella vita. Oppure -è un'altra ipotesi da non scartare - è l'equipaggio che non ritiene di voler salire a bordo e condividere bonacce e burrasche, nel mare e nella vita. Ma discutere o anche solo pensare su questo, sarebbe perdere del tempo. Anche perchè la soluzione non c'è o, se ci fosse, non potrebbe essere frutto di una scelta razionale.
Il vento gira e rinforza. Adesso vie ne al traverso e ha superato i 10 nodi. Spengo il motore, lasco un po' la scotta della randa e apro il genoa. E mi fviene quasi un colpo. mentre si svolge sotto la spinta del vento si blocca. Lo forzo u n po' e si apre. Oddìo, penso. si sta fottendo di nuovo lo strallo, cambiato appena lo scorso anno. Man mano che mi avvicino alla costa, il vento rinforza ancora e arriva sui venti nodi. Horus supera i sei nodi e fila felice su un mare che, se non ci fosse una fastidiosa onda lunga, sarebbe perfetto.
Horus a vele spiegate verso Vibo Valentia
Chiamo Arcangelo Dragone (lo trovate tra i miei contatti di facebook). patron del Marina Azzurra di Vibo e gli chiedo se c'è posto e se può ospitarmi per qualche giorno. Il posto c'è, la simpatia pure. In alternativa, sarei andato in rada davanti a Gizzeria. ma meglio stare in porto, anche in previsione di una perturbazione che poi è arrivata.
A Vibo sono tornato per la seconda volta in tre mesi. Qui ho amici incontrati per mare lo scorso anno, quando ho circumnavigato la Sicilia. Ho ritrovato Alfonso, Anna e la loro piccola e dolce Sofia (hanno, anche loro, un Sun Odyssey 34.2, sorellina della mia Horus), ho ritrovato Mimmo, Anna e la loro Aurora (mercoledì partiranno con la loro barca per la Grecia) e ho conosciuto una coppia di loro amici, Nicola e Angela, splendidi anfitrioni. A bordo della loro barca ho fatto una cena a base di carne grigliata che non dimenticherò facilmente.
La perturbazione passa su Vibo
Domattina lascerò questo porto prima dell'alba. Arriverò fino a Tropea e proseguirò. Lì vedrò il da farsi. le alternative sono almeno tre, forse quattro. Se capisco che non è giornata per il mio fisico, doppierò Capo Vaticano, mi immergerò nella Costiera degli Dei e butterò l'ancora davanti alla spiaggia di Santa Maria. Oppure potrei proseguire (alla fine dovrei percorrere una quarantina di miglia) fino a Gioia tauro dovre rivedrei renato (che mi ha offerto ospitalità nei suoi pontili), Daniele e Rita. Oppure, come sarebbe nelle mie intenzioni, farmi ciquasi sessanta miglia e andarmene davanti al lungomare di Milazzo oppure, se il vento mi consentirà una media di sei nodi, fino a Tindari. Oppure, alla rada a Vulcano.
Ma questa è una storia che potrà essere scritta solo domani.


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